I famosi vestiti di Ittiri

Dopo il reportage su Busachi vi propongo quello su Ittiri, un altro centro sardo famoso per aver orgogliosamente conservato le sue tradizioni grazie all'uso, ancora quotidiano, del vestito tradizionale da parte di molte signore. Ho avuto la fortuna di poter fotografare quattro tipi di vestiti: quello maschile, l'abito da gala femminile e due versioni dell'abito feriale. Per l'occasione ho avuto anche l'onore di avere la collaborazione di Giammario Demartis, senza dubbio il più grande esperto dell'argomento, che ha scritto per l'occasione una descrizione delle mode proposte in questo servizio.

Abito Maschile


Abito tradizionale maschile di Ittiri
L'abito tradizionale  maschile più conosciuto di Ittiri  è quello  che sino al 1910 circa indossavano i "massai", la classe degli agricoltori proprietari. Oltre ai pezzi consueti del costume sardo (si noti il corto gonnellino d'orbace nero fittamente pieghettato),  la foggia  comprende  un giubbetto detto "cosso" interamente confezionato con pregiato panno rosso. L'indumento chiude a doppio petto, ha amplissimo scollo stondato, maniche aderenti  ed  è orlato con sottile filo di velluto nero. Una serie di  lunghe asole nere agli avambracci manifesta che anticamente  vi era una chiusura formata da  numerosi bottoni (come nella veste di gala femminile) oggi ridotta ad un solo bottone o due per manica. E' assai probabile che col tempo le dimensioni dei bottoni, in lamina  d'argento traforata o filigrana siano aumentate. La regola vestimentaria ittirese vuole che la camicia, con sparato fittamente pieghettato e collo rivoltato, chiusa da bottoncini di madreperla, sboffi vistosamente fuori della scollatura per evidenziarne il candore e la manifattura accurata.  Al costume potevano essere  abbinati altri indumenti come il gilet di pelli ovine nere intonse e velluto scuro (sa tzamarra) la giacchetta d'orbace nero munita di cappuccio (su capottinu) o un lungo capotto, ugualmente d'orbace nero (su capotto).

Abito maschile di Ittiri - Sa tzamarra
Abito maschile di Ittiri - Su capottinu


























Abito da Gala di Ittiri - Estire Ruju

Abito da Gala

L'abito tradizionale simbolo  di Ittiri è quello femminile festivo  detto "estire ruju", originariamente esclusivo della classe rurale benestante. Esso era indossato dalle spose e dalle signorine abbienti nelle feste maggiori e faceva parte del corredo femminile sin dall'adolescenza.
La foggia prende il nome dalla gonna, di panno finissimo scarlatto, fittamente plissetata con un sistema complesso che oggi solo poche artigiane  conoscono. La gonna è generalmente impreziosita da una balza di velluto scuro inquadrata da galloni dorati  e tempestata di lustrini metallici. Assai caratteristico è l'alto busto rigido di raso bianco, che assottiglia la vita comprimendola, fastosamente ricamato a motivi floreali simili a quelli di ricchi paramenti sacri.  Il bolero, di prezioso velluto di seta amaranto o viola , adornato da cordoncini policromi pazientemente ritorti col fuso e cuciti uno accanto all'altro a costituire bande multicolori, e' ridotto ed attillato  in modo da evidenziare il busto. Il copricapo comprende una cuffia ricamata  con motivi analoghi a quello del busto ed un fluente velo di tulle bianco operato a fiorami tono su tono, simile al grembiale.

Abito da Gala di Ittiri - Estire Ruju

Abito da Gala di Ittiri - Estire Ruju
La "buttonera"  di filigrana d'argento, costituita da 20 bottoni  (10 per manica), il cui  peso complessivo può oltrepassare i 2 kg, è l'elemento principale dell'abito e adorna il bolero. Altri  gioielli che la tradizione  impone a questo abito sono una o due collane di corallo sfaccettato, orecchini  a goccia in corallo, due gemelli di filigrana d'oro a chiusura dello scollo della camicia, un medaglione da collo ed una lunga catena, sempre d'oro, che si intreccia ad M sul petto con l'ausilio di due fermagli. Il complesso di questi gioielli costituiva la base della dote nuziale.


Abito giornaliero di Ittiri - Su Furesi

Su Furesi


L'abito certamente  più antico  d'Ittiri è  quello detto "su furesi" , conservato ancora in una decina d'esemplari autentici. Il suo uso sopravviveva ancora prima del 1915 presso anziane che vestivano "all'antica". La denominazione significa letteralmente "orbace" e deriva dal tessuto locale usato per la gonna, detta anch'essa, per estensione "furesi". L'orbace  utilizzato era tessuto al telaio orizzontale con lana di pecora tinta con robbia e campeggio nei toni caldi del granato e del fulvo, il solo "rosso" che era dato di ottenere con tinture non sintetiche. La balza e' solitamente azzurra, in una sorta di tela jeans.  Ad esso si accosta la camicia, ben visibile perchè non coperta da sciarpette, il busto di velluto o lampasso, allacciato con nastro passante entro occhielli e non con  il pannello rigido denomina "pettigliu" usato dal 1930 circa. Si  poteva stare in maniche di camicia, ma per le visite era indispensabile il bolero, qui in scarlatto, ma che poteva essere di altri tessuti anche scuri. Due fazzoletti costituiscono il copricapo, e sono solitamente fazzoletti con motivi stampati anche molto vivaci. Per recarsi in chiesa o in rioni  lontani era obbligo portare anche una gonna corpicapo che formava come una cappa secondo  il modo detto "a trinza". L'abito manifesta caratteri di arcaicità e rammenta numerosi acquerelli e stampe di abiti ottocenteschi del circondario.

Abito giornaliero di Ittiri - Su Furesi

Abito giornaliero di Ittiri - Su Furesi


Abito giornaliero di Ittiri - Sa Teletta

Sa Teletta


L'abito feriale più moderno, attestato almeno dalla fine del 1800 è detto "sa teletta" dal tessuto usato solitamente per le gonne. Le telette sono semplici stoffe d'importazione, a quadretti, "scozzesi" o a rigato nei toni dell'azzurro, grigio, rosa spento, celeste, che, grazie ad una fitta plissettatura ed  all'accostamento con balze scure, acquistano una grande finezza ed eleganza.  Si portavano almeno due gonne sovrapposte  tantoché la superiore poteva essere sollevata sul capo a costituire una sorta di mantello  che inquadra la figura femminile in una sagoma a mandorla.. questo tipo di copricapo è definito "munnedda cuguddada". In alternativa poteva essere usato un grembiale copricapo, talora stampato in casa mediante "mascherine di carta" e colori ad olio. Il boleto di stoffa commerciale, detto "manighiles" e' stato introdotto  attono al 1930 in sostituzione dello scomodo "corittu", anche per motivi igienici. Infatti i corittos potevano essere lavati solo di rado.

Abito giornaliero di Ittiri - Sa Teletta


Abito giornaliero di Ittiri - Sa Teletta

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